domenica 31 agosto 2014

Sul nostro mare e come salvarlo.


Pubblico - non potevo non farlo - l'ennesimo amabile, utilissimo, necessario intervento del Prof. Ruggiero Quarto comparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno lo scorso 29 Agosto a proposito di come salvare il nostro mare. Lo stesso segue un altrettanto interessante intervento del Prof. Dellisanti apparso qualche giorno prima sempre sullo stesso giornale e che formulava proposte similari. 
Non vedo altre strade per l'Amministrazione: se non recepiamo immediatamente queste indicazioni rischiamo di trovarci il prossimo anno nella medesima condizione e di dover intervenire con azioni tampone solo sulle emergenze. Quando invece abbiamo una smisurata necessità di pianificare. Possibilmente co. Co-pianificare. 

********

Salivamo in cinque sull’Aermacchi di mio padre. Pane e pomodori nella borsa di mia madre e tre uova ancora calde, acquistate per strada e fatte da galline ruspanti che gironzolavano nelle vie. Destinazione mare di Ponente.

Appena giunti, mio padre ritornava a lavoro e mia madre ci faceva fare le sabbiature. Solo la testa era fuori dalla sabbia. Allora la sabbia era diversa dall’attuale, soffice e granulare, parte integrante di dune costiere che si allungavano verso l’Ofanto. Erano i tempi dei reumatismi e della salute a pagamento e dicevano che le sabbiature fossero un rimedio risolutivo, naturale ed economico.
Appena finito, succhiavamo un uovo crudo e poi tutti a mare. Ogni giorno non mancava qualche sorso di acqua salata, ma cristallina. Sì, l’acqua era davvero cristallina. Perdeva trasparenza solo nei giorni di tramontana, allorché le onde rimestavano la sabbia. Ma i “cavalloni” erano la nostra gioia. Ogni cavallone era una bevuta, ma non ci siamo mai ammalati. Anzi! Calore, iodio e vitamina D ci preservavano dai freddi inverni, allora senza riscaldamenti.
Dopo il bagno andavo a prendere il secchiello e mi recavo alle soglie del primo scalone a raccogliere molluschi. Ce n’erano in gran quantità. I più prelibati erano quelli costolati con la lingua rossa (Cardium). Mangiarli, con la lingua che si contorceva, con pane e pomodoro, era per me un delirio. Mai un mal di pancia perché l’acqua di fogna, pur senza depurazione, non arrivava a mare d’estate, ma era utilizzata tal quale per irrigare gli arenili di Ponente. Quando la fogna era solo puro residuo organico.
Erano gli anni ’60. Poi, da “poveri ma felici”, ci siamo trasformati in consumatori sfrenati, folli praticanti dell’usa e getta. I reflui urbani si sono moltiplicati e contengono veleni di tutti i tipi. Si sono costruiti depuratori che depurano molto poco, disperdendo in falda, in fiume o in mare valanghe di sostanze inquinanti. Abbiamo scelto modelli industriali insostenibili per l’ambiente, che scaricano sostanze tossiche in aria, suolo e acqua.
A Barletta, le acque cristalline di Levante prima sono diventate giallastre, schiumose e pruriginose per gli scarichi dell’ex cartiera (chissà che veleni contenevano!), poi sono state pesantemente aggredite dal “canalone di Andria” (Ciappetta-Camaggi), trasformatosi da scarico di chiare acque sorgive estive a discarica inquinante. Le acque cristalline di Ponente sono state “oscurate” dal grave inquinamento dell’Ofanto, trasformato da fiume limpido, balneabile e pescoso, in cloaca a cielo aperto. Si sono ridotti gli arrivi a mare dei suoi detriti alluvionali, a causa delle dighe sorte nel suo bacino. È stata letteralmente rubata sabbia alle dune costiere da carovane di carrettieri che di notte per molti anni smantellavano il litorale, per la bonifica abusiva dei retrostanti arenili, oggi abbandonati. Intanto la costa si arretrava. Il depuratore ha cominciato a scaricare a mare reflui, nella migliore delle ipotesi, poco depurati. Valanghe di nitrati e fosfati (potenti nutrienti marini che fanno proliferare le alghe) e chissà quali altre schifezze, sono giunte a mare. È cambiata la sedimentazione e si sono innescati fenomeni di eutrofizzazione delle acque, compromettendo la biologia marina. Mucillagine e fanghiglia hanno intorbidito il mare. La comparsa di schiume e la sparizione dei molluschi ne sono la riprova.
Anche i canali del fronte mare cittadino aggravano l’inquinamento marino, a dimostrazione della contaminazione di acque di fogna nella falda e/o nelle condotte che giungono a mare. L’ormai famigerato canale H e il canale M a Ponente e il canale D a Levante scaricano inquinanti a ripetizione, come dimostrato dalle analisi che hanno innescato i recenti divieti di balneazione. La pericolosità di tali canali era già nota, ma la politica ha latitato! Quante volte ho gridato nel deserto!
Da oltre tre lustri mi sono dedicato alla comprensione, denuncia e proposte di soluzione dell’inquinamento marino, nella convinzione che a Barletta è necessario recuperare la vocazione marinara e che meritiamo un ambiente salubre e uno sviluppo turistico ecosostenibile. Purtroppo, si sono eretti insormontabili “muri di gomma” che, unitamente ad una classe politica disattenta ai problemi ambientali, se non infastidita nei suoi più “produttivi” interessi, e ai soliti “scarica barile”, hanno impedito di prendere coscienza e risolvere il problema.

Sì, perché l’inquinamento è risolvibile e, come sostenuto dal collega Dellisanti, le acque marine possono ritornare cristalline e “bevibili”. Il problema è molto complesso, di lunga gittata ed economicamente impegnativo, ma ce la possiamo fare!

Occorre, innanzitutto, una determinazione politica che metta l’ambiente ai primi posti dell’agenda politica. Siamo stufi di assistere a interessi politici di fine Agosto o elettoralistici. Passato il momento va tutto nel dimenticatoio. Il problema non deve esser scritto nel libro dei morti a fine Agosto, ma esser ripetuto tutti i giorni nel diario dei vivi. È auspicabile che la questione sia affidata ad una “task force” formata da professionisti competenti, rappresentanti di associazioni ambientaliste e delle categorie portatrici d’interesse e politici attenti.

Di mio proporrei:
un piano di monitoraggio estivo delle acque di balneazione molto più approfondito e sistematico rispetto a quello imposto dalle norme vigenti che è a maglie molto larghe e con misere frequenze mensili; in parole povere, campionare le acque laddove giocano e “bevono” i bambini, esponendo i risultati sui lidi;

l’indicazione pubblica delle acque di balneazione come voluto dal Ministero della Salute 
e, al bisogno, l’adozione di divieti di balneazione efficienti;

un piano di monitoraggio ambientale sistematico su tutti gli scarichi marini, naturali e artificiali che non si limiti alle analisi batteriologiche;

un controllo spietato di tutte le condotte per la comprensione degli eventuali miscelamenti delle acque di fogna e controlli continui dei processi di depurazione e scarico dei reflui (di Barletta e Andria);

un controllo del territorio, anche videosorvegliato, per impedire scarichi abusivi esterni;

la captazione delle acque sorgive contaminate per una loro fitodepurazione e trattamento, prima di recapitarle a mare o, meglio, di convogliarle in città, per irrigare orti e giardini pubblici e privati;

ridimensionamento del collettamento delle acque di scarico della fogna bianca (canale H diventato fiume!);

avvio reale del Parco Naturale del fiume Ofanto, con tutte le misure ambientali del caso e rinaturalizzazione delle aree golenali (che ridurrebbe nitrati e fosfati) e delle zone umide di Ariscianne-Boccadoro;

messa in funzione dell’impianto di affinamento, individuando altri recapiti, e prevedendo una parziale riconversione per scarichi più depurati a mare;

dichiarazione di “area sensibile” per il litorale barlettano;

dichiarazione di “Barletta Città Marinara”, che attiverebbe finanziamenti per la riqualificazione dei litorali;

adozione di un Piano Comunale delle Coste di grande valenza ecologista;

ricostituzione del sistema dunale di Ponente, che mitigherebbe anche l’arretramento della linea di costa, evitando pennelli a mare, che se rimangono senza ripascimento diventano trappole di mucillagine;

progetti di riqualificazione e salvaguardia marina da candidare a finanziamenti europei strutturali.

Penso sia anche necessario un Piano Urbanistico Generale che ricolleghi la città al suo mare. Ciò, oltre che render giustizia al torto storico perpetrato, servirà ad interessarsi del mare per 365 giorni all’anno.
L’attuale amministrazione ha mostrato la volontà di abbattere i muri di gomma e risolvere il problema. Ci stupisca! Il cammino sarà lungo e tortuoso, ma se non si cammina è la paralisi o la palude. I cittadini son pronti a collaborare. Hanno diritto di vita e non solo di sopravvivenza!

dalla Gazzetta del Mezzogiorno - ed. Norbarese del 29.08.2014
Ruggiero Quarto (Docente di Geofisica – Università di Bari)

Nessun commento:

Posta un commento