sabato 27 settembre 2014

Riflessioni a margine di un incontro. Donazione d'organi e testamento biologico.


L’altro pomeriggio sono stata al Castello. L’amministrazione presentava con orgoglio, anche mio sommo orgoglio, l’iniziativa di cui vi scrivevo qualche giorno fa (http://giulianainconsiglio.blogspot.it/2014/09/consenso-alla-donazione-di-organi-sulla.html)
e che consentirà da LUNEDI’ a tutti i cittadini barlettani di inserire direttamente sulla carta d’identità il proprio consenso o il proprio diniego alla donazione di organi e tessuti.

Barletta è il PRIMO comune di Puglia ad aver aderito concretamente alla campagna “una scelta in comune” ed è un primato di cui andar fieri. Diffondere la cultura della donazione è e dovrebbe essere impegno di ogni amministrazione responsabile.

Com’è naturale quando si parla di vita e morte, l’attenzione e la partecipazione sono sempre altissime. E infatti si è aperto un bel dibattito quella sera. Tutti, quasi tutti gli intervenuti però hanno posto questioni che ruotavano attorno ad una domanda di base, banale ma fondamentale: perché mai, anche davanti ad una esplicita dichiarazione di volontà dell’individuo, espressa in vita nella più piena consapevolezza, la parola finale sulla donazione degli organi spetta ai “congiunti”?

(e qui, peraltro, andrebbe aperta una parentesi sull’assurda discriminazione che -vigenti tali leggi- subiscono le cosiddette coppie-di-fatto. Perché oggi l’ultima parola spetta ai “familiari”. E la persona che si ama e con cui si condivide vita, casa, esistenza ma con la quale, magari, non si è sposati, etero o omo, la persona che più ci conosce e a cui più siamo legati, l’unica persona che magari ci è rimasta se abbiamo perso fratelli, genitori e non abbiamo consanguinei che non siano cugini di terzo grado, per la legge non conta un cacchio. Ma questa è un’altra storia.)

Parentesi a parte, ma neanche tanto parentesi (i diritti dell’uomo si intersecano tutti, c’est inevitable), dicevo: possiamo gloriarci di tutta la sensibilità e la responsabilità del mondo per aver avviato una pratica che diffonde la cultura della generosità e del dono, ma nella sostanza resta la frustrazione – da amministratori – di non aver risolto granché.

Perché quand’anche una persona abbia indicato in vita (con atto olografo depositato presso studio notarile, iscrivendosi all’AIDO, o con dichiarazione su carta d’identità ed immissione nel registro dei donatori) di voler donare i propri organi, la sua dichiarazione può non aver alcun valore dinanzi alla volontà dei familiari che, in un contesto di profondo dolore, turbamento e tristezza e dunque senza neanche la più piena lucidità, esprimono un diniego. Ed è la LEGGE che lo dice.

E la libertà dell’individuo, l’autodeterminazione, i diritti dell’uomo costituzionalmente e universalmente sanciti, che fine fanno? Anzi, dove sono?

Perché dobbiamo accettare, dopo anni di violentissimi dibattiti per affermare questa o quella ragione, che non ci sia ancora una legge adeguata in Italia? Perché dobbiamo aspettare che il vuoto normativo diventi ampio quanto una voragine e, nell’attesa, sperare in sentenze dei Tribunali d’Italia a cui appellarci, non senza costi, per vedere garantiti i nostri diritti? Perché la Convenzione di Oviedo sui diritti umani (che stabilisce che è obbligatorio considerare e rispettare la volontà del soggetto), redatta nel 1997, recepita in Italia nel 2001, è ancora priva di validità nel nostro paese per assenza dei decreti legislativi necessari alla definitiva ratifica? Perché mentre si innova e si riforma instancabilmente accaventiquattro, i diritti restano fermi al medioevo della ragione? Perché, allargandoci un po’ dal concetto della donazione degli organi, dobbiamo aspettare la nuova valanga di casi Welby ed Englaro per ritornare a discutere e a decidere di prendere in mano la questione bioetica?

La verità è che siamo al punto che, nella platea pure tanto attenta e sensibile, nessuno ha avuto il coraggio di pronunciarla, quella sera, quella parola lì, “testamento biologico”, quasi fosse una parola tabù, da tacere per non urtare la sensibilità di qualcuno.

Ho ben chiaro che si tratta di questioni esageratamente delicate e complesse sulle quali non è affatto semplice trovare una proposta equilibrata. Ma l’immobilismo no. Non se ne può più. Il turbo-governo faccia qualcosa. Dimostri di essere per davvero innovatore, di abbattere questi conservatorismi, queste croste, dimostri di voler mettere al centro le persone a cui così spesso si rivolge: Marta, Luca, Eluana o, molto più semplicemente, i cittadini italiani.

Noi, da par nostro, come amministratori locali, non potremo che continuare ad inventarci – nell’attesa - soluzioni tampone, istituire registri su registri che, ahinoi, continueranno ad avere valore parziale e molto poco vincolante (ferma restante la mia convinzione della profonda utilità di questi strumenti).

A proposito. Sindaco Cascella, a che punto siamo con i nostri registri (unioni civili, ius soli, testamento biologico)? Quando li portiamo in consiglio comunale?

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